Perché Dovremmo Smettere di Usare i Social

I social network sono l’anti vita reale per eccellenza.

La bellezza collaterale della vita – perché la vita non è tutti i giorni cioccolatini e palloncini per tutti, e questo nel migliore dei casi – è rappresentata proprio dall’unicità personale della storia di ognuno. Sui social, le vite sono, invece, stereotipate. Si amplifica l’omologazione e il conformismo. Questo accade anche nella società reale, ma nei social c’è un’esasperazione e una glorificazione del conformismo.

Un altro aspetto è la guerra di tutti contro tutti. Gli uomini contro le donne, i giovani contro gli adulti, i belli contro i brutti, i laureati conto i diplomati, e così via. Se si vuole veramente cambiare la società, è molto più utile agire concretamente che non con un video.

Poi c’è l’invidia, esasperata da social, una delle cause da cui derivano moltissimi dei mali del mondo. I social istigano all’invidia perché mostrano una versione selezionata e idealizzata della vita degli altri. Vediamo solo successi, viaggi, relazioni perfette, corpi scolpiti e risultati brillanti, raramente le difficoltà  o i fallimenti. Soprattutto, molti, dimenticano dei sacrifici necessari per ottenere questi successi.

Questo confronto costante può generare frustrazione e insoddisfazione, anche se sappiamo razionalmente che ciò che vediamo non è la realtà completa.

L’esposizione di queste realtà idealizzate promuove l’isolamento invece di avvicinare le persone.

Un altro aspetto, è l’estrema semplificazione della realtà. I coach fioccano.

Avevo già parlato di questo argomento in un articolo su Kukaos:

Mentre la figura del coach può essere molto utile in alcuni ambiti, come lo sport, il miglioramento delle performance manageriali o personali, altre volte si cerca di risolvere in maniera superficiale, problemi complessi. Il coach non può sostituire lo psicologo o addirittura lo psichiatra. Le soluzioni miracolose, provviste di bacchetta magica, non esistono. Abbondano i coach “relazionali”. In realtà, a mio avviso, basterebbe avere qualche amico fidato dell’altro sesso, o qualche amicizia fidata più grande e con più esperienza. Poi sappiamo tutti bene che nessun consiglio potrà mai sopperire all’esperienza di vita vissuta. Le persone imparano dagli errori degli altri solo quando decidono di volerlo fare. Nei casi, invece, di vere e proprie relazioni tossiche, quello che non si vuole capire, è che le ragioni fondamentali sono due: mancanza di educazione emotiva (perché la scuola rinchiude per ore nei banchi i bambini e i ragazzi e non si occupa di temi fondamentali?) e traumi infantili e non elaborati. Nel primo caso, anche in assenza di traumi significativi, c’è il rischio reale di incorrere in narcisisti e psicopatici. Che piaccia o no queste persone esistono o sono integrate nella società. Un’educazione a riconoscere questi comportamenti eviterebbe molti danni e traumi, che si ripercuotono a catena sulle altre persone. Nella realtà accade il contrario. Spesso, atteggiamenti tossici vengono tollerati ovunque, dove più e dove meno.

Questo approccio semplicistico ignora completamente il funzionamento della psiche umana, non considerando che la guarigione (e la conseguente cessazione automatica della relazione tossica) passa per una consapevolezza emotiva, non logica. E la consapevolezza emotiva, che piaccia o no, è legata alle esperienze vissute nel passato. Mentre la consapevolezza razionale, unita alla forza di volontà, può aiutare a uscire da determinate situazioni, traumi non elaborati, vi riporteranno nella stessa situazione in un altro contesto, senza che neanche ve ne rendiate contro.

Un altro aspetto è la perdita della privacy. Un aspetto che si fa fatica a comprendere è che in una società capitalistica, nulla ci viene offerto gratis da un’azienda, e i social network, lo sono.

A mio avviso, il rischio vero e proprio – che è quello che mi inquieta quando utilizzo ChatGPT – è che, probabilmente, i nostri dati, e soprattutto i nostri pensieri, potrebbero essere utilizzati per controllarci senza che neanche ce ne rendiamo conto. Se Elon Musk ha già sollevato un warning contro una potenziale minaccia dell’intelligenza artificiale, avrà le sue buone ragioni.

Le piattaforme social raccolgono una vasta gamma di informazioni sugli utenti, tra cui dati demografici, interessi, comportamenti online e persino la posizione geografica. Questi dati vengono utilizzati per personalizzare l’esperienza dell’utente, ma anche per scopi commerciali, come la vendita a terze parti per pubblicità mirata. Ad esempio, un rapporto della Federal Trade Commission (FTC) ha evidenziato che aziende come Meta (Facebook) e X Corp. (precedentemente Twitter) utilizzano strategie di sorveglianza estese per monetizzare i dati degli utenti, spesso senza implementare adeguate misure di privacy, specialmente riguardo ai minori.

Oltre all’uso interno, le informazioni degli utenti possono essere condivise con terze parti. Questo solleva preoccupazioni significative sulla privacy, poiché gli utenti spesso non sono pienamente consapevoli di come e con chi i loro dati vengono condivisi. Un rapporto della FTC ha rilevato che molte aziende raccolgono e condividono dati degli utenti, inclusi quelli dei minori, senza fornire adeguate protezioni o trasparenza.

La memorizzazione di grandi quantità  di dati personali rende queste piattaforme bersagli attraenti per i cybercriminali. Ad esempio, nel 2019, Meta è stata multata dall’Unione Europea per oltre 100 milioni di dollari a causa di una violazione che ha esposto le password degli utenti in formato non criptato, rendendole potenzialmente accessibili ai dipendenti.

Molte piattaforme utilizzano tecnologie di tracciamento per monitorare le attività  degli utenti sia all’interno che all’esterno del social network, creando profili dettagliati che possono includere abitudini di navigazione, preferenze di acquisto e interazioni sociali. Queste informazioni vengono spesso utilizzate per fornire pubblicità  mirata, ma possono anche essere sfruttate in modi che gli utenti non si aspettano o non approvano.

A mio avviso, noi essere umani non siamo minimamente consapevoli di come l’esterno influenzi il nostro sviluppo e la nostra vita, controllando indirettamente i nostri pensieri.

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