Di ritorno da una importante fiera internazionale sull’energia, ho fatto alcune riflessioni – elaborat in realtà in tempo reale – sulla progressiva sostituzione delle interazioni sociali con la tecnologia, anche in ambito professionale. Per questa ragione ho provato a chiedere un parere da chi è nato e cresciuto prima che la tecnologia avesse un impatto così invadente nella vita quotidiana e nelle relazioni umane.
“Eravamo alle soglie degli anni 2000 e il mondo stava cambiando, e non me ne ero assolutamente accorto. La mia giovinezza e adolescenza l’avevo passata andando a casa di amici, incontrandoli nei luoghi più disparati, davanti casa di qualcuno oppure in un giardino, e questo per organizzare le giornate o le serate insieme. Se il gruppo era numeroso, ed erano presenti delle ragazze, presto o tardi si sarebbero formate delle coppie, come poteva capitare alle medie o alle superiori e, in qualche caso, all’università, ma questo dipendeva molto dalla facoltà frequentata, perché in alcune, la presenza dei due generi, era penalizzata dal tipo di studio. Siamo comunque sopravvissuti e nel tempo qualcuno si è sposato ed è stato assieme alla persona scelta per sempre, mentre altri hanno divorziato e altri ancora non si sono mai sposati, ma non ci sono mai stati problemi per trovare qualcuno con cui condividere la propria vita, e questo fino alla soglia degli anni 2000. Nel 95 l’avvento dei programmi della Microsoft ha creato un qualcosa del tutto nuovo nel panorama dell’informatica e dei personal computer, ma ha anche portato con sé l’inizio della fine dei normali rapporti sociali. Chi è nato nel periodo precedente agli anni 80 non aveva mai dimostrato di avere troppi problemi per conoscere persone dal vivo, casualmente, durante eventi o anche solo durante feste o nei locali frequentati da soggetti omogenei e, ancora prima, nelle discoteche, dove la musica serviva per aggregare e conoscere persone, non per stordirle o, peggio ancora, rendere impossibile la comunicazione, anzi: le sonorità e gli artisti sembravano voler creare l’atmosfera adatta per favorire la nascita di relazioni. I ragazzi che invece sono nati a ridosso degli anni 80 o nei decenni successivi si sono ritrovati in un mondo dove la comunicazione, che un tempo era fatta di sguardi, di tentativi di approccio verso le persone che potevano interessare, è stata sostituita dalle chat, prima, e dei social network, successivamente. Per me è stato uno shock, e ricordo ancora quella sera che, cercando un locale che avesse una pista da ballo e potesse ospitare delle feste che avevano lo scopo di aggregare persone per divertirci e conoscere nuova gente, mi trovai in un bellissimo ambiente, su due piani, che offriva non solo uno spazio piuttosto ampio dove poter ballare e divertirsi, ma anche un ristorante e, per ogni tavolo, dei terminali che consentivano, con un sistema intranet, di comunicare sia con la gente presente nei due piani del locale, sia con altri locali dello stesso tipo sparsi per tutta Italia, dal Nord al Sud, isole comprese. Come idea non era male, vista per le potenzialità che poteva avere uno strumento simile per chi, come me, aveva uno spiccato senso dell’umorismo e creatività nel fare scherzi al prossimo, ma quello strumento nascondeva anche una trappola che avrei compreso solo qualche anno dopo, anche se vi erano già dei segnali inquietanti nell’aria. E i primissimi segnali arrivarono proprio in quel locale almeno in due occasioni. La banda di amici che frequentavo all’epoca decise che quello era il locale adatto per le nostre feste danzanti e lo occupammo per anni, almeno tre volte la settimana con appuntamenti che si dividevano in musica anni 70 e 80 il martedì e giovedì, e latino americano il sabato sera. Una sera arrivai in anticipo rispetto agli altri amici e, non avendo mangiato nulla, decisi di sedermi a un tavolo e ordinai la cena. E non avendo nulla da fare, mi collegai alla chat, giusto per vedere se potevo divertirmi con qualcuno: in quel momento vidi entrare nel locale una ragazza molto carina accompagnata da due coetanei che, senza rivolgersi la parola, si misero seduti a un tavolo vicino al mio, ognuno con un monitor davanti e, senza scambiare una parola fra loro, cominciarono a scrivere a perfetti sconosciuti con la foga tipica che hanno oggi i giovani nell’utilizzare i loro smartphone. Essendo all’antica, mi è venuta la curiosità di sapere per quale motivo dei giovani potessero essere così interessati a scrivere a degli sconosciuti e non ad interagire tra di loro, cosa che io avrei fatto se mi fossi trovato nelle loro condizioni. Allora, riuscendo a risalire dal momento dell’accesso ai loro nick name e codici di accesso, ho deciso di interrogare i tre che potevano avere non più di otto o nove anni in meno di me, forse un abisso in termini di maturità, ma nulla in termini di età, e la risposta che ottenni da loro, per quella che consideravo una cosa molto strana, mi ha ghiacciato. Ho chiesto perché avessero deciso di scegliere quel locale, piuttosto costoso, tra l’altro, per passare la serata separati, piuttosto che andarsi a bere qualcosa in un qualsiasi altro locale, e parlare tra loro, e la risposta che ho ottenuto è stata che non sapevano assolutamente di cosa parlare. Ho anche chiesto, visto che non mi sono mai posto problemi a fare domande agli altri, se nessuno dei due ragazzi provasse attrazione per quella ragazza e, viceversa, se la ragazza non fosse interessata ai suoi amici, e i due ragazzi mi hanno risposto che a loro la ragazza piaceva tanto, ma non sapevano come fare per instaurare con lei un qualsiasi rapporto. La ragazza, al contrario, mi ha risposto che i suoi amici non erano interessanti e, con questo, liquidava la possibilità di avere rapporti se non dettati dall’amicizia. Raccontata così, sembra una cosa casuale e banale, ma indicava che i tempi stavano cambiando e in modo veloce, e la nuova tecnologia, che oggi è estremamente diffusa, anziché creare nuove opportunità per conoscere persone, stava creando una barriera insormontabile che con il tempo avrebbe modificato la natura degli esseri viventi. La prova definitiva che mi fossi perso qualcosa, e che non avevo capito che le persone si stavano modificando, affidando addirittura la propria vita affettiva alle macchine, l’ebbi qualche sera dopo: avevo visto una ragazza che mi osservava e ci eravamo scambiati degli sguardi, ma quando l’avvicinavo lei si allontanava. Avevo quasi desistito dall’impresa quando ho compreso che lei era disponibile a conoscermi, ma solo tramite chat, quasi per verificare se ero una persona affidabile o meno. Dopo quella sera ci siamo frequentati per anni, ma se avessi contato sulle normali regole di ingaggio, non l’avrei mai conosciuta. Da allora la situazione è precipitata: sono sempre stato una persona riservata ma, nel complesso, amo parlare con le persone, ascoltarle, capirle, e guardarle negli occhi mentre le ascolto, ma le persone hanno perso il senso della comunicazione personale con gli altri, preferiscono avere dei filtri, come uno schermo, ad esempio, che li divida dalla realtà rappresentata dagli altri. Penso che nei social ci siano rappresentate due categorie di persone: i rassegnati e quelli che sono molto convinti di essere quanto affermano nei loro profili. La categoria dei rassegnati è rappresentata da soggetti che, idealmente, avrebbero una loro vita, ma se decidono di esprimersi con gli altri secondo i canoni della vecchia società, dove il calore umano era al primo posto, dove le persone erano reali, dove non esisteva il politicamente corretto e ognuno aveva un ruolo definito e chiaro nella società, qualsiasi fosse la sua tendenza, senza censure di alcun tipo e a difesa di non si sa quale diritto, vengono tacciati per folli e persone che non sono allineate, complottisti, gente impazzita e, nei migliore dei casi, dei troll, ossia dei soggetti che, secondo la terminologia dei social, esistono solo per provocare gli altri che, al contrario, sono persone del tutto sane di mente. Dall’altra ci sono degli esseri umani che vivono fantasticando sulla loro realtà fisica nel mondo virtuale, millantando lauree e specializzazioni che non hanno, fantasticando su competenze e capacità che non possono possedere, mostrando agli altri una realtà che è soltanto presente nella loro fantasia e non sarebbero capaci di applicare nella vita di tutti i giorni. A questo punto trovare persone nel mondo reale non è impossibile, ma sicuramente è complicato. Perché cercare di approfondire la conoscenza di una persona in carne e ossa quando, sui social, è possibile trovare il soggetto che rappresenta in pieno i nostri sogni? Non fosse, però, che è come acquistare un oggetto su Wish, che sembra bellissimo e conveniente, ma poi, quando ti arriva a casa, se arriva, è qualcosa di completamente diverso dalla copertina che è stata postata in vetrina, evidentemente ritoccata per sembrare molto più bello di quello che è. Il voler affidare alla tecnologia i propri sogni, anche per la ricerca del partner più adatto, penso sia un effetto voluto e collaterale che è stato generato dalla società globalizzata che invia messaggi fuorvianti alla massa. Lo standard di uomo che viene rappresentato è quella della persona mediamente belloccia ma ignorante, fin troppo curato nell’aspetto per non essere un tantino narcisista. Le donne, invece, sono dello stesso tipo ma aspirano al maschio di cui sopra. In mezzo a queste due categorie, al contrario, ci sono le persone normali che, non trovandosi inquadrate esattamente nelle due categorie sopracitate, si trovano, diciamo così, fuori moda e, probabilmente, se si presentano alle persone comuni per quelle che sono, non riescono ad attirare la giusta attenzione, ed ecco che sono costrette a ripiegare sui social per conoscere qualcuno. Il risultato è che come sono soli nel mondo reale, restano soli anche nei social, oppure trovano sì, qualcuno, ma malato di mente, per cui restano soli uguale. Ritengo che sarebbe necessario tornare alle vecchie usanze, non fosse che se qualcuno si azzarda a rivolgere ad altri la parola, ad esempio, in un bar, facendo colazione al mattino, gli altri lo prendono per folle perché non usa un nick name ed un social per farlo…”
Personalmente, credo che i social e similbus siano un mezzo per evitare delle rivoluzioni vere e proprie. Il benessere diminuisce, e i social sono l’unico mezzo che fa illudere molte persone di avere una vita, cosa che possono permettersi solo nel virtuale, perché nel reale, gli attuali eventi economici e geopolitici, stanno riportando l’Occidente verso un nuovo Medioevo.
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