Siamo in un contesto storico nel quale è divenuto veramente difficile esprimere un qualsiasi pensiero di dubbio rispetto a quello unico dominante senza essere etichettati come complottisti.
In generale, appiccicare un’etichetta a una persona è un modo molto semplice per toglierle il diritto di parola. Quindi prestate molta attenzione quando questo accade, in qualsiasi contesto.
Complottista è un neologismo introdotto oltre venti anni fa, prima dell’attacco alle Torri Gemelle, e per chi fosse interessato ad approfondire, potrebbe iniziare dall’intervista al giornalista Fabio Fracassi, che spiega chi, come e perché ha introdotto questo termine nel nostro vocabolario :
Non volendo essere complici del « Divide et Impera » che imperversa in tutto il mondo da qualche anno a questa parte, credo fortemente che una soluzione possa essere concentrarsi sulla propria consapevolezza e crescita personale.
La consapevolezza e la crescita personale, al contrario dei dogmi, non sono obiettivi da raggiungere ma percorsi da attuare, perché, l’apprendimento non si arresta mai, per sua definizione.
Avevo già accennato a “The Subtle Art of Not Giving a F*ck”, di Mark Manson in uno dei miei ultimi articoli:
Ora, a libro quasi ultimato, è giunto il momento di aggiungerlo nella lista dei libri da leggere nel caso non l’aveste ancora fatto (il libro è uscito nel 2016) ed è disponibile anche in italiano come “La sottile arte di fare quello che c***o ti pare”. Titolo che però, secondo me, perde molto rispetto al significato nella lingua originale. Anzi, potrebbe sembrare uno di quei libretti di self-help da strapazzo che invece non è.
Unico neo, come avevo anticipato, è l’interpretazione, a mio avviso erronea, dell’autostima, da parte dell’autore. Il suo libro – ed è cosa buona – denota una grande autostima di fondo, proprio perché questa non è affatto, come lui sostiene, un guardarsi allo specchio e vedersi fighi e bellissimi anche se non lo si è. L’autostima è, ad esempio, elevate consapevolezza di sé stessi e del mondo che ci circonda, rispetto e amore di sé indipendentemente dai propri risultati e successi nella vita ma, come esseri umani che hanno diritto alla felicità, all’amore e al soddisfacimento dei propri desideria e bisogni profondi, nel rispetto degli altri.
In lingua originale – come l’ho letto io – il libro è veramente « figo », l’autore ha un’ironia strabiliante e anche il suo modo di scrivere, che è un particolare linguaggio parlato, è veramente avvincente.
A mio avviso, questo modo di scrivere, poco sofisticato, oltre che estremamente sarcastico e pungente, viene fuori invece da una profonda cultura e da una vivida intilligenza. Mark Manson da un nome a un fenomeno a cui assistiamo quotidianamente, che alcuni di noi avevano già guardato con sospetto, ma al quale – per quello che io ne so – nessuno aveva ancora dato un nome, il « Victimhood Chic ».
Invece di dare una definizione, farò un esempio concreto: nel 2020 la piattaforma HBO, negli Stati Uniti, aveva bannato il film « Via col Vento » per via di presunti contenuti razzisti.
Siamo seri, qui si distoglie l’attenzione dai problemi reali e concreti, oltre che dalle vere discriminazioni per portare l’attenzione su argomenti che non hanno alcun senso. E sollevare un’obiezione di questo tipo fa correre il rischio di passare per razzisti anche se non ce n’è ragione, oltre che di essere accusati di scarsa sensibilità.
Il Victimhood Chic, in realtà, potrebbe essere un piccolo passo verso l’abolizione della democrazia. La libertà consente di poter esprimere sé stessi e le proprie idee, seppur fuori dal coro. Oggi questo, in una società estremamente dogmatica come la nostra, sta diventando sempre più difficile.
Un aspetto molto importante del libro è l’enorme importanza che si dà alla responsabilità personale sul proprio destino (che fra l’altro è proprio uno dei pilastri dell’autostima: compiere azioni concrete secondo un piano strategico per il raggiungimento dei propri desideri) e sulla necessità di smettere di lamentarsi. Se si fa un minimo di introspezione si può comprendere che spesso la mancanza di successo nella nostra vita è dovuta a una mancanza di determinazione. La determinazione è diversa dalla volontà e io non ne ho trovato una definizione migliore che in una delle citazioni di John Fitzgerald Kennedy :
Una volta che hai detto che ti va bene anche piazzarti al secondo posto, è proprio quello che ti capita
Se si vuole veramente una cosa, nel momento in cui si è trovato il proprio perché, non ci sono « Come », come diceva Yoda :
“Do, or do not; there is no try”
Questo vale per tutto, dalla sfera private a quella professionale.
Soprattutto in quella privata, quando le cose in una coppia non funzionano, invece di continuare a procrastinare e a sprecare la vostra vita, pensate al maestro Yoda.
Un altro argomento che io trovo molto interessante è imparare a comprendere – soprattutto per le nuove generazioni, dato che la nuova cultura dei social insegna proprio il contrario – che le esperienze negative, la sofferenza e I fallimenti sono una parte inevitabile della vita. Temere il rifiuto, la sconfitta, eccetera o cercare di evitarli a tutti i costi produrrà l’effetto invece proprio l’effetto contrario. È ovvio che sia impossibile gioire delle situazioni negative e degli eventi avversi ma bisogna accettarli e considerarli una parte inevitabile della crescita, del miglioramento e del successo.
La cultura da social elimina completamente il « lato oscuro » della vita, incutendo soltanto sentimenti negativi – dato che una vita di questo tipo sarebbe impossibile – conducendo all’inazione e quindi all’insuccesso.
Un altro aspetto molto importante nella nostra « cultura da social » è comprendere che il pensiero positivo « Pappagallo Style, paradossalmente, non porterà nulla di buono.
Cos’è il « Pensiero Positivo Pappagallo Style » ? È ignorare deliberatamente i fatti perché negativi o dolorosi. Questa negazione porta a non prendere coscienza e quindi a non accettare, i problemi esistenti, e, quindi, all’impossibilità di risolverli e di migliorarsi. Il « Pensiero Positivo Pappagallo Style » è l’altra faccia della medaglia del lamentarsi senza sosta ma, di fatto, porterà agli stessi risultati, ossia non cambiare di una virgola la propria situazione, che genererà infelicità. Con l’aggravante che il « Pappagallo » ha un alto rischio di sviluppare malattie psicosomatiche, dato che rifiuta di vedere la realtà che non gli piace. Ad esempio, essere in una relazione insoddisfacente ma mi illudersi di stare bene per non affrontare delle sfide che mi farebbero uscire dalla propria confort zone (paura della solitudine, mettersi in discussione). Fare un lavoro che si odia ma fingere gratificazione perché magari migliorare le mie proprie competenze potrebbe essere faticoso e togliere tempo a Netflix, e così via.
E l’ultimo aspetto, che poi è nel titolo originale del libro, è scegliere bene e con cura le persone e le cose alle quali « give a fuck », ossia imparare a soprassedere su quelle persone e su quegli episodi che in realtà non sono importanti per i nostri valori profondi. Questo non significa diventare insensibili o incapaci di provare emozioni, ma, dopo che l’emozione, che è un po’ come la sensazione fisica, ci abbia segnalato cosa va o non va bene per noi, decidiamo con razionalità, a chi e cosa dare valore.
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